I cento anni che vanno dalla seconda metà del XV alla prima metà del XVI secolo sono ricordati come l’età delle scoperte. La nuova rotta atlantica verso le Indie, circumnavigando l’Africa; la scoperta e l’esplorazione del continente americano; la prima circumnavigazione del globo terrestre sono alcune delle più significative tappe di questo percorso di scoperta e di allargamento dei confini del mondo conosciuto
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Target: seconda classe della scuola secondaria di primo grado | Sede: Palazzo Vecchio |
Periodo storico: seconda metà del XV secolo, prima metà del XVI secolo
Scheda descrittiva
I cento anni che vanno dalla seconda metà del XV alla prima metà del XVI secolo sono ricordati come l’età delle scoperte. La nuova rotta atlantica verso le Indie, circumnavigando l’Africa; la scoperta e l’esplorazione del continente americano; la prima circumnavigazione del globo terrestre sono alcune delle più significative tappe di questo percorso di scoperta e di allargamento dei confini del mondo conosciuto.
Quest’attività intende approfondire alcuni aspetti della sua vita avventurosa dei protagonisti di quest’epoca – Vasco da Gama, Bartolomeu Diaz, Cristoforo Colombo, Ferdinando Magellano, Amerigo Vespucci – verificando come le loro imprese siano state registrate nella cartografia di quegli anni.
Informazioni utili
Come prenotare: le prenotazioni si effettuano dal 15 settembre 2010 a maggio 2011, fino a esaurimento dei posti disponibili. Per prenotare è necessario telefonare al call centre educativo dell’Associazione Museo dei Ragazzi di Firenze al numero 055 2616788, dal lunedì al venerdì, nell’orario 9.30-13.00 e 14.00-16.30, o inviare una mail a didattica.museoragazzi@comune.fi.it
Durata: un’ora e trenta minuti
Orari: giovedì e venerdì alle 9.30 e 11.00
Periodo: da gennaio a giugno 2011
“Giardino chiuso tu sei, sorella mia, sposa, giardino chiuso, fontana sigillata. I tuoi germogli sono un giardino di melagrane, con i frutti più squisiti, alberi di cipro con nardo, nardo e zafferano, cannella e cinnamòmo”. Nel biblico Cantico dei Cantici, la donna amata è paragonata a preziose e odorose spezie. Leggi tutto…
Nel Museo di Palazzo Vecchio: grazie a un multimediale iconografico e all’ausilio di brani tratti dalle relazioni di chi partecipò alle diverse spedizioni si entra in contatto con la vita avventurosa degli esploratori che hanno allargato i confini del mondo ben oltre le colonne d’Ercole.
Dove nascono le Spezierie.
“Giardino chiuso tu sei, sorella mia, sposa, giardino chiuso, fontana sigillata. I tuoi germogli sono un giardino di melagrane, con i frutti più squisiti, alberi di cipro con nardo, nardo e zafferano, cannella e cinnamòmo”. Nel biblico Cantico dei Cantici, la donna amata è paragonata a preziose e odorose spezie.
Nel mondo antico e medievale le spezie erano tra i prodotti di maggior valore, che da soli giustificavano l'apertura di nuove rotte commerciali.
Aneto, anice, cannella, cardamomo, chiodi di garofano, coriandolo, cumino, curcuma, liquirizia, macis, noce moscata, pepe, senape, tamarindo, vaniglia, zafferano, zenzero diventano merci richiestissime sui mercati europei.
Il fattore che influenza maggiormente l’impulso alla navigazioni oceaniche fra Quattro e Cinquecento è la domanda occidentale di grandi quantità di spezie. La ricerca di rotte in grado di approvvigionare i mercati europei dei preziosi prodotti orientali è la principale motivazione che spinge i mercanti italiani, spagnoli e portoghesi a finanziare le spedizioni dei primi esploratori, come Vasca da Gama e Cristoforo Colombo.
Nella Sala delle Carte geografiche di Palazzo Vecchio la prima delle tavole della Geografia del Tolomeo a essere realizzata nel 1563 dal cosmografo del Duca Cosimo I de’ Medici, il frate domenicano Egnazio Danti, è quella delle Isole Molucche. Le Molucche, un piccolo arcipelago posto fra Borneo e Giava, erano note in Occidente come le siole delle spezie, perché solo in questi luoghi, infatti, era possibile trovare prodotti come i chiodi di garofano, la noce moscata o il macis. Da secoli mercanti arabi, indiani, cinesi ed europei avevano attivato un fiorente commercio fra le Molucche e l’Europa. I portoghesi prima, gli olandesi e gli inglesi poi cercarono di acquisire il controllo del prezioso commercio.
Perché le spezie e, fra queste, in particolare i chiodi di garofano erano merce così preziosa? Queste sostanze vegetali erano elemento insostituibile in molti ambiti: servivano a rendere temperati i cibi e a mostrare ai commensali la ricchezza del loro anfitrione; a preparare farmaci, come lozioni per alleviare i dolori causati dalla gotta e dai reumatismi; per realizzare diversi tipi di profumi.
I discorsi di m. Pietro Andrea Matthioli sanese, medico cesareo, nelli sei libri di Pedacio Dioscoride Anazarbeo della materia medicinale è un’opera fondamentale sulle piante officinali; pubblicata una prima volta nel 1544, sarà ristampata in diverse edizioni aggiornate e quindi tradotta in latino, ceco, tedesco e francese, diventando punto di riferimento per tutti i medici moderni. Il Duca Cosimo I de’ Medici ne aveva una copia che consultava frequentemente, tanto da apporvi di proprio pugno postille e glosse.
Nella versione italiana il Mattioli non si limita a commentare l’opera del medico e botanico greco, vissuto ai tempi dell’imperatore Nerone, ma vi aggiunge i risultati di sue ricerche su piante allora sconosciute. È il caso anche dei chiodi di garofano, di cui il medico senese non trova traccia nell’originale greco (“non ritruovo, che Dioscoride facesse de Garofani memoria alcuna”) e quindi “non m’è parso di lasciare adietro l’historia, et le facultà loro, per essere medicamento non solamente odoratissimo, et recreabile, ma valorosissimo per diversi malori.
L’elenco delle virtù terapeutiche di questa spezia è lunghissimo: “scaldano i Garofani, et disseccano in terzo grado, corroborano incideno, et aprono mangiati ne i cibi giovano à i difetti dello stomaco, del fegato del cuore, et del capo, triti in polvere è beuti nel vino ò con succhio de pomi cotogni ristagnano i vomiti, rimuovono la nausea, et eccitano l’appetito. Giovano alla frigidità del fegato; et però si danno utilmente in quella spetie d’hidropisia, che chiamano i medici Anasarca. Odorati vagliono nelle sincopi rivocando subito i patienti. Masticati fanno buon fiato, et rimuovono il fetore della bocca. Giovano àgli epilettici, à i paralitici, à gli spasmati, à gli stupidi, et à i lethargici.
Aiutano a digerire il cibo, et ristagnano abbrustolati i flussi del corpo. Impiastransi molto utilmente con mastice, sommachi, coralli, et fiori di melagrani ne i difetti dello stomaco, et massimamente in quelli dove è bisogno distringere, et di corroborare. Beuti in polvere al peso di quattro dramme con latte di vacca, overamente di capra corroborano al coito. Assotigliano, et acuiscono la vista, et levano le caligini, et le nugolette degl’occhi messivi dentro triti sottilissimamente. Mangiati oltre à ciò, et parimente fattone frumento vagliono per preservativo contra la peste: Fomentati similmente, et presone il fumo con il naso liberano dal serramento di quello, et giovano al catarrho. Mettonsi ancora utilmente ne’ gli anthidoti, et ne i sacchetti che si fanno per corroborare lo stomaco, et il capo.”
Un simile elenco di malattie che possono essere curate o prevenute dall’impiego dei chiodi di garofano è sufficiente a comprendere come nel Cinquecento questa spezia fosse valutato quanto l’oro: la sola pretesa efficacia nella prevenzione del morbo più temuto, la peste, era sufficiente a renderla inestimabile.
In cucina, compito principale del cuoco era elaborare piatti che fossero temperati, cioè equilibrati nei loro componenti. Poiché si riteneva che il corpo umano, come ogni cosa esistente al mondo, fosse composta di quattro elementi (acqua, aria, fuoco e terra) aventi quattro qualità (caldo e freddo, secco e umido), occorreva nutrirlo con cibi che contenessero tutte le qualità in modo equilibrato. Dal momento che non esistevano in natura alimenti che fossero contemporaneamente caldi e freddi o secchi e umidi, la cucina doveva accostare alimenti con qualità diverse, per comporre un piatto temperato. Così la pera, calda e umida perché appartenente alla sfera dell’aria (si coglieva in aria!), trovava la sua perfetta unione con il formaggio, secco e freddo come la terra da cui proveniva: una prelibatezza riservata ai nobili, perché “al contadino non far sapere quanto è buono il formaggio con le pere”…
Se ogni alimento apparteneva a un elemento, gli unici che rientravano nella sfera del fuoco – essendo calde e secche – erano le spezie e quindi erano l’ideale per accompagnare alimenti umidi o freddi.
Per quanto riguarda l’utilizzo in profumeria, c’è da ricordare come una società assediata dagli odori nauseabondi, dai miasmi, dai tanfi che emanavano dalle case, dalle strade, dalle botteghe, dagli abiti e dai corpi di rado lavati, assegnasse ai profumi un ruolo importante. Le chiese, luogo di incontro con Dio, profumavano di incenso; gli uomini giusti si riconoscevano per l’odore di santità che emanavano; i nobili esibivano la loro pulizia cospargendo la pelle di unguenti odorosi o indossando piccoli contenitori di essenze profumate; l’inalazione di sostanze odorose bruciate al capezzale del malato (fomento) ne accelerava la guarigione, scacciando il mal aere, il miasma che lo minacciava. Per la produzione di essenze e oli aromatici, affidata ai monaci e gli speziali, le spezie giocavano un ruolo fondamentale. L’olio essenziale ricavato dai chiodi di garofano aveva una fragranza fresca con note fruttate e si armonizzava bene con altre essenze: di rosa, di lavanda, di vanillina, di salvia e di bergamotto.
Credits
Referente: Associazione Museo dei Ragazzi di Firenze
Programma in collaborazione con: Ente Cassa di Risparmio di Firenze – Portale Ragazzi (www.portaleragazzi.it)
Coordinamento scientifico: Massimo Marcolin (ricerca.museoragazzi@comune.fi.it), Museo dei Ragazzi di Firenze; Alessandra Cavallini, PortaleRagazzi – Ente Cassa di Risparmio di Firenze
Web: www.palazzovecchio-museoragazzi.it
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