Da ormai dieci anni (e undici spettacoli) il progetto All’opera le scuole al Maggio è diventato un momento importante per avvicinare al mondo dell’opera lirica gli alunni delle scuole fiorentine (e non solo), attraverso un’attività che trasformi i bambini da semplici fruitori in Attori/ Cantanti del Teatro dell’Opera di Firenze.
Il lavoro ha coinvolto classi di scuola primaria e secondaria, le loro famiglie e gli insegnanti, attraverso un percorso articolato in due tipi di azioni distinte e complementari, legate al titolo che la Fondazione del Maggio ha suggerito, ovvero il Flauto magico di Mozart. E di strada ne abbiamo fatta da quando iniziammo con L’oro del Reno di Wagner nella stagione 2006/2007. Rivederne le foto fa tenerezza. Siamo cresciuti molto e l’intesa e la collaborazione con i partner è migliorata. I partner vanno citati subito perché sono loro che permettono il nostro lavoro: Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze, Assessorato all’Educazione del Comune di Firenze e la Fondazione Opera di Firenze Maggio Musicale Fiorentino.
Per dovere di cronaca bisogna in primis parlare del cosiddetto, da noi, percorso principale, ovvero dal lavoro di regia e canto che, come in ogni compagnia che porta in scena un’opera, ha coinvolto 900 ragazzi (le loro famiglie e i docenti). La regista Manu Lalli e il maestro Giuseppe La Malfa hanno costruito un riadattamento dell’opera mozartiana che tenesse conto della durata ridotta, ma al tempo stesso mantenesse intatto il fascino della musica e della storia di Tamino e Pamina, Papageno e Papagena, della Regina della notte e di Sarastro. Questa struttura è stata l’ipotesi di lavoro sulla quale il gruppo degli animatori, coordinati da Chiara Casalbuoni, hanno lavorato con i bambini coinvolti. Molti gli spunti di riflessioni in corso d’opera: la traccia narrativa fiabesca ha permesso ai ragazzi di discutere su temi importanti per loro (ma anche per noi), quali il coraggio, la paura, la forza della musica: da dicembre ad aprile il gruppo dei 900 ha sperimentato l’importanza della cultura musicale come momento saliente di crescita, di avvicinamento alla bellezza, ma anche come occasione di riflessione su valori e timori che spesso ci teniamo per noi. Ennio Clari ha coordinato i maestri del coro che hanno insegnato ai ragazzi i brani, in tedesco, da eseguire. Insomma niente di diverso dal percorso di preparazione di un’opera. La diversità sostanziale è che i 900 artisti non sono professionisti e sono stati coinvolti dagli insegnanti che hanno scelto un percorso formativo intenso e che hanno partecipato in prima persona, fino a recitare e cantare con i loro ragazzi sul palco (grazie).
Ricordiamoci che noi cerchiamo di creare nuovo pubblico, di affrontare il problema della mancanza di cultura musicale, la disaffezione del pubblico più giovane verso l’opera lirica e la scarsa conoscenza del mondo del teatro sotto l’aspetto delle professionalità. Non crediamo che la partecipazione al progetto crei dei melomani (o degli artisti), ma intendiamo aprire una finestra sul mondo della lirica perché poi i ragazzi siano liberi di scegliere in modo consapevole se frequentare o no un teatro, se chiedere cultura musicale oppure no, se preoccuparsi della chiusura di un cinema, di un teatro, di una sala da concerto oppure no. E soprattutto apprezzare la fortuna di poter scegliere: nascere qui e ora, o essere arrivati qui e ora, ci permette di scegliere molte cose, laddove in Siria, Afghanistan. Iraq, Sud Sudan, i nostri coetanei non possono scegliere. Ma poter scegliere è anche l’origine di una responsabilità rispetto agli agi e alle offerte che il mondo ci offre: non essere curiosi intellettualmente, non aprire gli occhi quindi è uno spreco, anzi un delitto. L’aumento della temperatura nell’atmosfera, le guerre, l’inquinamento, la povertà: questi sono i problemi del mondo; ma i cittadini del mondo devono anche occuparsi di tutelare un patrimonio di bellezza che ci aiuta a essere persone migliori (non ci trasforma automaticamente, ma ci aiuta).
Queste e molte altre considerazioni sono state al centro del lavoro svolto dal gruppo che ha formato il pubblico delle recite mattutine (il cosiddetto percorso alternativo), capitanato da Daniele Bacci. Anche in questo caso la scusa dell’incontro era quella di raccontare la trama del Flauto magico, alcune vicende della vita di Mozart, insegnare o verificare che i ragazzi sapessero i due brani che avrebbero cantato dalla platea in occasione dello spettacolo (i brani erano disponibili sul Portale ragazzi della Fondazione Cassa di Risparmio, sia gli spartiti che l’esecuzione cantata). A questo proposito credo di poter dire che il progetto è “esploso” sia nei numeri (tre mattine, tutto esaurito) sia nel territorio che riusciamo a coinvolgere (province di Siena, Arezzo, Grosseto, Pistoia) con alcuni estimatori che da anni ci seguono. E quindi il lavoro sul pubblico futuro si è sviluppato ulteriormente con l’azione di Ilaria Pietrini che ha contattato personalmente i docenti (tutti!!!!) e nel corso degli incontri ha consegnato ai ragazzi l’Opera card per avere sconti sugli spettacoli del Teatro dell’Opera di Firenze.
Ma torniamo in teatro: se il collante emotivo è fondamentale perché l’esperienza diventi una bella esperienza, direi che la messa in scena e l’esecuzione di quest’anno ha lasciato a bocca aperta … anche noi. A questo proposito dobbiamo rendere a Cesare quello che è di Cesare. La regia della Manu è da fuoriclasse, ma anche le competenze messe in gioco dai tecnici, dal gruppo che ha realizzato scene (di Daniele Leone) e i costumi (della coppia Leone Cecilia Russo), il lavoro del maestro La Malfa e la passione mostrata dall’orchestra …. Insomma. Tutto bellissimo.
Non possiamo citare tutti: nuovi incontri (il Liceo Coreutico di Arezzo), conferme di collaborazioni storiche (l’Istituto Elsa Morante). La storia di quest’anno non può essere raccontata in un articolo, ma allego il libretto di sala (in realtà in gergo si dice “un quartino”, come quello del vino) così che posso dire grazie a tutti, uno per uno (e lì i nomi ci sono tutti, ma proprio tutti).
Mi accorgo solo ora di non aver mai citato il nostro nome: VENTI LUCENTI.
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