Il Parsifal è l’ultima opera del Compositore tedesco Richard Wagner che debuttò il 26 Luglio del 1882 a Bayreuth in Germania, ma fu rappresentato per la prima volta nei teatri europei solo a partire dal 1º gennaio del 1914 con la “prima” di Bologna. L’opera ebbe una lunghissima “gestazione” durata decenni e segna per Wagner il ritorno al tema del Graal da lui già indagato anni prima nel Lohengrin. Nell’affrontare IL PARSIFAL DI WAGNER per il Progetto All’Opera le scuole al Maggio si è tentato di lavorare oltre che sul soggetto e la musica dell’opera anche su una “ricollocazione” della vicenda che utilizzasse le fonti che ispirarono il compositore.
Come nelle altre opere da lui scritte, infatti, i testi e i soggetti che lo ispirarono fanno parte di cicli ( come l’Anello del Nibelungo) di saghe o leggende già conosciute nella cultura del nord Europa; a queste faceva riferimento, pur apportandovi modifiche laddove lo ritenesse opportuno. Le fonti utilizzate dal compositore nella stesura del testo partono da lontanissimo: se sicuramente la fonte più nota fu Chretien de Troyes (Francia XIII circa), il testo principale di riferimento è sicuramente il Parzival di Wolfram Eschenbach, (XIII secolo circa) romanzo di formazione , iniziatore di un genere molto fortunato della cultura tedesca. Di Escenbach non si hanno notizie storiche certe, tranne quelle che si desumono dai suoi scritti e da una serie di rapporti epistolari fittissimi per il suo tempo con un altro scrittore caro a Wagner, l’anonimo autore cioè della saga dei Nibelunghi. Eschenbach era probabilmente un letterato di corte che sognava idealizzandoli i cavalieri del Graal , avendo invece di fronte i ben più umani e temibili cavalieri del Tempio, i Templari che, in Terra Santa avevano seminato il terrore e accumulato immense ricchezze.
Dei Templari certo Eschenbach condivideva gli ideali religiosi e lo spirito di guerra e d’avventura. Ma l’immagine che egli ne dà nel regno del Graal, il misterioso Monsalvato, è un immagine da romanzo. Da romanzo Arturiano. Le origini di questa narrativa sono certamente precristiane e come è ormai comunemente accettato si perdono nell’antica cultura celtica. Tutto il ciclo arturiano viene ormai considerato una piccola parte dell’immenso patrimonio narrativo della preistoria del Nord Europa, in particolare della Britannia, dove la colonizzazione romana non mise mai radici profonde. Qui il mondo celtico completamente orale costretto in un sussurro di storie tramandate come ultimo patrimonio di chi aveva perduto, sopravvisse nella sua quasi integrità.
I guerrieri celti obbligati a restringersi sempre più nei loro territori, mantennero viva la memoria della loro grandezza, gesta eroiche e leggendarie, magia, boschi misteriosi e segreti, proprio attraverso il rifiuto della scrittura che fu probabilmente l’estremo tentativo di salvare qualcosa dell’antica grandezza celandola ai nuovi vincitori. Sopravvisse perciò in quelle terre, proprio grazie al rifiuto del pensiero logico latino legato alla scrittura, una tenace memoria e una mentalità basata sulla fantasia e un corso di pensiero che non si svolge su tracciati lineari. Gli unici che riuscirono a piegare l’orgoglio dei Celti furono i Monaci Benedettini che fondarono i conventi in Irlanda. Gran parte del patrimonio narrativo celtico si è salvato proprio grazie alla grande diffusione avuta in Europa attraverso la sua assimilazione al culto cattolico. Tutto il ciclo di leggende sorto intorno al mitico Artù e alla sua corte, i suoi cavalieri, bellissime donne si è salvato perché le storie di maghi e negromanti, invincibili guerrieri e fate irresistibili adattate allo spirito del cattolicesimo sono divenuti materia prediletta dei poeti cortesi . Mistero, fede, magia antica e grazia divina si fondono nella più affascinante narrativa che la letteratura europea abbia mai conosciuto.
Il tema del Graal e della sua “cerca” è un esempio di questo adattarsi a temi precristiani. Quello che era l’oggetto magico, un pietra di cristallo , che il cavaliere doveva trovare dopo una serie di avventure che gli avrebbero permesso di divenire il re di un meraviglioso regno – tipico tema da fiaba- diventa per influsso della religione il calice in cui Giuseppe d’Arimatea raccolse il sangue di Cristo ferito sulla croce, oggetto sacrale e simbolo di comunione. Di qui il nome Graal dal latino gradalis, coppa, ancora presente oggi nell’occitanico GROLLA.
Il percorso avventuroso che l’eroe doveva compiere superando ostacoli e pericoli, affrontando avversari terribili in singolar tenzone, si riveste di significato morale e religioso che ne diviene l’essenza. L’eroe, quindi, si trasforma, in un processo di perfezionamento cavalleresco di elevazione spirituale, e giunge ai confini della santità. Il cavaliere che otterrà di compiere fino in fondo il percorso e riuscirà a trovare il Graal è “l’eletto” che attraverso il cammino passa dalla bruta umanità alla perfezione mistica.
Utilizzare quindi la leggenda arturiana per un approccio alla comprensione dell’opera di questo anno scolastico crediamo sia un passaggio significativo; cavalieri , dame, tornei con lance e spade e soprattutto la Magia nascosta in ogni singolo albero, fiore, coppa, sono quanto di più affascinante e attraente si possa proporre ad un bambino per affrontare poi successivamente la comprensione di una delle opere più importanti di tutto il patrimonio operistico. Inoltre le “prove”, i tranelli, gli inganni, i mostri, il più generale “rito di passaggio” che Parsifal affronta prima di giungere a divenire Re del regno del Graal, possono essere davvero paragonate alla crescita di ogni bambino e al suo percorso faticoso e incerto che lo porterà all’età adulta.
Quasi sempre “le prove” ci fortificano e ci rendono migliori, ci aiutano a capire e a crescere; per questo, la facilità con la quale facciamo certe esperienze, la gran parte delle volte le rende meno interessanti ed è per questo che anche l’opera lirica, così complessa, assume il significato di “prova” difficile e avvincente. Incontrare Parsifal e Wagner è davvero una prova, complessa e affascinante, che porterà i ragazzi, e anche gli adulti del progetto, a confrontarsi con una materia stupefacente che speriamo regali a tutti coloro che ne saranno coinvolti un momento di vera bellezza.
Manu Lalli
I brani citati in questa introduzione sono stati ripresi dall’introduzione scritta da Laura Mancinelli del “Parzival di Eschebach” Einaudi1993
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