Le nuove tecnologie permettono di ampliare i servizi museali e danno ai visitatori la possibilità di essere attivamente impegnati nella produzione e condivisione di contenuti, tramite un dialogo personalizzato e dinamico. Il 12 e 13 aprile, l’Opera di Santa Maria del Fiore ha organizzato la seconda edizione di “Museum: Digital Transformation”: conferenza e workshop sulla comunicazione digitale dei musei. Di seguito riportiano l’intervista che ci ha rilasciato la Dottoressa Alice Filipponi, Responsabile Comunicazione, Edutainment e new media dell’Opera.
Dottoressa, su cosa si è incentrata l’edizione 2018 di “Museum: Digital Transformation?
Dopo il successo della prima edizione, alla quale hanno partecipato professionisti del settore digital, direttori, responsabili web marketing e comunicazione di alcuni dei più importanti musei internazionali – MET, British Museum, National Gallery, Rijksmuseum, Pinacoteca di Brera – quest’anno abbiamo ulteriormente sviluppato i temi affrontati nel 2017, focalizzandoci però sulle best practice e sulle innovazioni più significative e all’avanguardia che hanno caratterizzato e caratterizzeranno i progetti digitali di musei italiani, in particolare: MAXXI e Museo dell’Ara Pacis di Roma, MART di Trento e Rovereto, MANN di Napoli, Museo Egizio di Torino, Gallerie degli Uffizi e Museo dell’Opera del Duomo di Firenze.
Quali progetti e temi sono stati presentati?
Intelligenza artificiale, machine learning, blockchain: come l’innovazione irrompe nel museo: da Prisca Cupellini, Responsabile Ufficio Comunicazione del MAXXI di Roma; Il Mart in chat: Martmuseumbot: da Annalisa Casagranda e Valentina Russo, rispettivamente, Responsabile Programmazione Didattica e Responsabile Comunicazione web e progetti digitali del MART di Trento e Rovereto; Identità, comunicazione, educazione: nuove strategie #nonsolodigitali: da Eike D. Schmidt, Direttore delle Gallerie degli Uffizi; Patrizia Naldini, Simone Rovida, Chiara Ulivi, dello staff Dipartimento di Comunicazione e Promozione Culturale; The playable museum: da Paolo Giulierini, Direttore del MANN Napoli; Fabio Viola, gamification designer, responsabile del videogame ‘Father and Son’; Art for the blind: da Orietta Rossini, Curatrice Responsabile del Museo dell’Ara Pacis di Roma; Deborah Tramentozzi, esperta tiflologa di Tooteko; Paola Spataro, Head of Creative Production per Antenna International; The Turin papyrus collection virtually reassembled: da Susanne Töpfer, Curatrice responsabile della collezione papirologica del Museo Egizio di Torino; Gestualità e comunicazione. Il Museo come spazio interattivo: da Timothy Verdon, Direttore del Museo dell’Opera del Duomo di Firenze; Musei e apprendimento: un dialogo aperto grazie al digitale: dalla sottoscritta; Pietro Polsinelli, founder & game designer di Open Lab. Inoltre è stata presentata Autography, app del Museo dell’Opera del Duomo tra le più innovative e originali.
Di che cosa si tratta?
Autography, è un’app persuasiva, ovvero s’inserisce nell’ambito di quegli strumenti che sono in grado di influenzare il comportamento degli utenti.
Ci spieghi meglio.
Autography nasce nel 2016 per far fronte a una problematica nota e comune a molti luoghi artistici: ovvero i graffiti, le scritte e le azioni vandaliche compiute dai visitatori durante la visita ad un luogo artistico; nel nostro caso della Cupola del Brunelleschi e del Campanile di Giotto. Nel 2015 i monumenti sono stati interamente ripuliti e sono stati posizionati in loco dei tablet lungo il percorso di salita e discesa dei monumenti con installata l’applicazione in questione ed è stata inserita un’apposita comunicazione offline per spiegare il senso del progetto e invitare i visitatori a scaricare l’app sui propri dispositivi.
Come funziona?
L’app permette di selezionare una superfice tra quelle proposte, uno strumento e un colore per creare un graffito non più reale ma virtuale senza danneggiare l’opera d’arte che verrà poi inviato al sito web dedicato e conservato online. Si tratta di un’applicazione che ha trasformato il vandalismo contro i monumenti nel mondo reale in testimonianza e ricordo nel modo digitale, un’opera di recupero e d’innovazione che, sfruttando le nuove tecnologie, ha reso possibile un’esperienza attiva del monumento preservandone integrità e decoro.
Davvero interessante.
Grazie.
Ed ha avuto successo?
Direi proprio di sì. Sia per il numero di graffiti ricevuti (siamo a oltre 60.000), sia perché da quando ci sono i tablet non sono più tornate le scritte. E questo s’inserisce perfettamente nella mission dell’Opera di Santa Maria del Fiore, ovvero l’attento e costante impegno nella conservazione e nella valorizzazione dei monumenti che costituiscono il Grande Museo del Duomo: Cattedrale di Santa Maria del Fiore con la Cupola del Brunelleschi e la Cripta di Santa Reparata, Battistero di San Giovanni, Campanile di Giotto e Museo dell’Opera. Vorrei poi aggiungere che attraverso Autography siamo riusciti a mostrarci più vicini al visitatore e a farlo sentire “incluso” nel Grande Museo del Duomo. Infatti, abbiamo deciso di stampare un volume ogni 10.000 graffiti – tornando dal web alla carta – che verrà conservato all’interno dell’Archivio Storico dell’Opera del Duomo. Pochi mesi fa, il progetto è stato poi sviluppato, dando la possibilità di inviare una cartolina “reale”, con la riproduzione del graffito realizzato virtualmente.
Un’ultima domanda.
Prego.
Per quanto riguarda le nuove tecnologie, qual è oggi la sfida più importante che si trova a dover fronteggiare un museo?
Partiamo intanto col dire che ormai da alcuni decenni è in atto una sfida per migliorare la conoscenza tramite i nuovi mezzi di comunicazione e aumentare il coinvolgimento del pubblico, soddisfare la sua curiosità e il suo interesse. E sicuramente, in questo campo, sono stati fatti grandi passi avanti da parte dei musei e delle istituzioni culturali. Quello su cui forse c’è ancora tanta strada da fare è piuttosto su “come possono essere impiegate efficacemente le nuove tecnologie digitali all’interno della mission di un museo o di un’istituzione culturale come strumenti di una strategia e di una visione più ampia”. La digitalizzazione non deve cioè esaurirsi in una rincorsa delle nuove tecnologie, bensì sfociare in una customer experience evoluta, tenendo sempre ben presente che i media non sono semplici canali di trasmissione, e sono dotati di una forza comunicativa tale da apportare cambiamenti comportamentali nell’essere umano che ne usufruisce. La vera sfida non è quindi tanto quella di essere presenti online come volontà di mostrarsi alla moda, o di sviluppare quanti più supporti possibili alla visita, che poi spesso rischiano di diventare gadget tecnologici senza alcun valore aggiunto, ma è quella di creare un’esperienza in grado di generare un effetto, una trasformazione, sia essa comportamentale o intellettuale.
Come nel caso di ‘Autography’?
Esattamente.
Grazie.
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