Il Museo Immaginato. Storie da trent’anni di Centro Pecci
ll Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci è nato trent’anni fa. Per l’occasione, è stata organizzata la mostra Il Museo Immaginato. Storie da trent’anni di Centro Pecci, che aperta lo scorso 22 settembre, sarà visitabile fino al 25 giugno 2019. Prima istituzione dedicata al contemporaneo a esser stata costruita ex novo in Italia, dalla sua inaugurazione il Centro Pecci si è distinto quale centro di produzione culturale impegnato nella ricerca artistica in senso ampio. Dal 1988 ha presentato oltre duecentocinquanta tra mostre di arte, design, moda, e un fitto programma di eventi legati alla letteratura, alla musica, alla performance e al teatro. Sotto la direzione di Cristiana Perrella, entrata in carica a marzo 2018, il Pecci si presenta oggi in una nuova ‘veste’, sempre più accogliente e aperta, in primis alla città di Prato e più in generale alla Toscana e all’Italia. “Il Museo Immaginato”, rilegge le vicende del Centro Pecci attraverso un percorso inedito di fatti, dati statistici, aneddoti, ricordi e opere scelte dalla sua collezione e dalla storia delle mostre, ideato dalla nuova direttrice. Più che una celebrazione, si tratta quindi un racconto in forma di autofiction, in cui, la realtà di quanto accaduto, si alterna a una visione immaginativa del museo, che reinterpreta e configura il passato alla luce della sensibilità del presente, proiettandolo in un futuro possibile.
L’esposizione è composta da tre elementi principali. Il primo, una timeline disegnata dallo studio grafico Sara De Bondt, racconta la successione di mostre, concerti, rassegne, festival, laboratori, talk ospitati dal museo in questi tre decenni, dando così l’opportunità di mappare una sorta di DNA del museo attraverso materiali variegati: video, foto, documenti, tracce audio, poster e opere. Il secondo elemento parte dall’analisi, statistica e semantica, dei dati dell’archivio, elaborati insieme al laboratorio MoSIS (Modelli e Sistemi Informativi Statistici) del PIN – Polo Universitario Città di Prato, e traccia una storia parallela e a tratti imprevista del museo. Un racconto fatto di numeri, come quello delle opere in collezione, delle mostre fatte, dei visitatori, degli artisti esposti, di cui si analizza anche provenienza geografica, età e identità di genere. La timeline e il risultato dell’analisi dei dati dell’archivio costituiscono la cornice concettuale del terzo elemento della narrazione sul trentennale: un nuovo allestimento di una selezione di opere in gran parte provenienti dalla collezione del museo, scelte ripercorrendo la storia delle mostre principali tenutesi al Centro Pecci dal 1988. Opere come quelle di Zorio, Schnabel, Cucchi, Merz, Acconci, Morris, che segnano l’attenzione espositiva verso i grandi protagonisti dell’arte italiana e americana tra anni Ottanta e Novanta, a cui negli anni sono state dedicate significative monografiche, tra cui quelle John Coplans, Craigie di Horsfield, Robert Mapplethorpe e Nobuyoshi Araki, raccontano un interesse per la fotografia.
Altre linee di ricerca espresse attraverso le mostre rivelano una sensibilità specifica verso i cambiamenti epocali che interessano l’Europa sul finire del secondo millennio. Non a caso il Centro Pecci inaugura nel 1988 con una mostra intitolata Europe Now, a segnalare, attraverso opere di Michelangelo Pistoletto e Anish Kapoor, la fiducia e l’entusiasmo per il concetto di comunità culturale. Sempre legata al clima sociopolitico europeo è anche l’apertura all’arte dei paesi dell’Est, a cui il Centro Pecci ha dedicato più di una mostra nel corso degli anni, quale ad esempio Artisti russi contemporanei, nel 1990, da cui provengono opere in collezione come quelle di Ilya Kabakov. Molta attenzione viene poi data alle tendenze più nuove dell’arte italiana, tra cui le opere di Stefano Arienti, Massimo Bartolini, e alle installazioni ambientali. Premesso tutto questo, corre l’obbligo di sottolineare che la collezione del Pecci, annovera numerose opere di grande respiro, La spirale appare di Mario Merz, o l’opera realizzata da Barbara Kruger sulla facciata di una fabbrica pratese come parte della mostra Inside/out curata da Ida Panicelli nel 1993, quella di Michael Lin, realizzata nel 2010, e l’opera di Thomas Hirshhorn, acquisita in occasione della mostra La fine del mondo nel 2016, che sono state riallestite proprio in occasione del trentennale.
All’uso estensivo di tempo e spazio si riferisce anche l’attenzione alla performance e allo spettacolo dal vivo, testimoniata dal rifacimento della performance Che cos’è il fascismo di Fabio Mauri, presentata nel 1993, ancora parte di Inside/out o il lavoro di Kinkaleri, Otto, performance riattivata in occasione della mostra, o ancora quello di Jérôme Bel, presentato nel 2017. Inoltre, in occasione del trentennale nell’atrio del museo sarà installato un recente lavoro di Martin Creed (Wakefield, UK, 1968) Work No 2833: Don’t Worry, 2017. Unica opera in mostra a non appartenere alla storia passata del museo, la grande scritta neon, con l’ironia tipica del suo autore, costituisce un invito a guardare al futuro con fiducia. La storia del Centro Pecci è quindi una storia di multidisciplinarietà e di dialogo, locale e internazionale, arricchita dagli eventi appositamente pensati per le celebrazione del trentennale. Infine, occorre segnalare che, in occasione del trentennale e nel quadro di un rilancio dell’attività della web tv del Centro Pecci, è stato attivato Canale Pecci Vintage per la Web Tv, che presenta molteplici contenuti video relativi a mostre, talk, performance, concerti che hanno avuto luogo al Centro. Dal martedì alla domenica, il Pecci offre a tutti la possibilità di visitare gratuitamente la prima sezione della mostra con la timeline, i cataloghi e i video da consultare.
Info: 0574.5317 | www.centropecci.it
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