Le piante officinali: cosa sono. Le piante officinali sono quelle piante utilizzate nelle antiche officine farmaceutiche, ma anche nella moderna farmacopea, per creare profumi o per conferire ai preparati sapore gradevole o per fare vere e proprie medicine o ancora per preparare liquori.
Esistono quindi vari tipi di piante officinali, alcune ricche di profumi, altre di sostanze curative, altre che contengono sia principi curativi che oli dai profumi gradevoli.
La conoscenza delle virtù delle piante presenti in una certa zona si è sviluppata insieme alla civiltà che in quel posto ha vissuto: non stupisce quindi che il numero ed il tipo di piante officinali note vari da paese a paese, a seconda delle differenti tradizioni.
1. Gli usi delle erbe nella vita quotidiana
In medicina: Allopatia e Omeopatia
Allopatia è nome della medicina classica, che nella cura delle malattie segue la legge dei contrari, per la quale l’ azione terapeutica tende a provocare nell’ organismo malato sintomi contrari a quelli delle malattie, sopprimendo, così, questi ultimi.
I laboratori farmaceutici lavorano tonnellate di piante medicinali e producono i principi attivi delle piante per sintesi: la preparazione sintetica di una sostanza offre i vantaggi pratici di un prodotto più maneggevole, meno costoso, e più puro di quello ottenibile per estrazioni da miscele naturali.
L’omeopatia è stata messa a punto da un medico tedesco, Hahnemann, alla fine del diciottesimo secolo. L’omeopatia si basa,al contrario dell’ allopatia, sulla legge dei simili, cioè sull’assunto che per curare una malattia il medico deve utilizzare una medicina che sia in grado di produrre una malattia artificiale ad essa molto simile, che si sostituisce ad essa per poi scomparire. Le dosi di medicinali da utilizzarsi dovevano essere il minimo indispensabile a produrre una indicazione percettibile dell'azione del rimedio, e nulla più, in modo da minimizzare o annullare gli effetti avversi. Anche in questo caso i rimedi utilizzati si ricavano a partire dalle piante medicamentose.
Medicina: Fitoterapia
È il metodo che cura la malattia solo attraverso l’uso delle piante, fresche o essiccate, o mediante loro estratti naturali, esattamente come si faceva prima dell’avvento della chimica. Questi trattamenti possono essere efficaci da soli; oppure, servire da coadiuvanti alla medicina tradizionale, o potenziare un altro trattamento, spesso permettendo di diminuire le dosi del farmaco detto forte: curarsi con le erbe infatti non è assolutamente sbagliato come principio. Le cure sono però più lunghe di quelle legate alla medicina tradizionale: infatti nei medicinali farmaceutici i principi attivi delle piante sono molto più concentrati di quanto lo siano in natura.
Medicina: Gemmoterapia e Aromaterapia
Sono anch’ esse forme di terapie alternative legate alle piante. La gemmoterapia è basata sull’ impiego di gemme fresche e di tessuti vegetali giovani. L’aromaterapia utilizza invece le essenze aromatiche.
La dietetica e l’alimentazione
La dietetica è l’insieme di regole alimentari che permettono di conservare la salute, o di ristabilirla. Molte piante possono essere di aiuto a tale scopo: ad esempio, il finocchio favorisce la diuresi quindi bere tisane a abse di finocchio è consigliato nella dieta di chi soffre di calcoli renali.
Attualmente la nostra alimentazione utilizza più piante coltivate che spontanee, ma ancora nel periodo successivo alla seconda guerra mondiale la raccolta di piante selvatiche per scopi alimentari era una pratica usuale: anzi i prodotti dei campi e dei boschi costituivano una integrazione fondamentale alla dieta delle famiglie. Ed ancora oggi capita di trovare sui banchi del mercato l’ “insalata di campo”, cioè un’insieme di erbe selvatiche commestibili che sostituiscono egregiamente a lattuga coltivata (ma chi le raccoglie deve saperle riconoscere bene!), o gli asparagi selvatici…Le piante servono poi ad insaporire i piatti e sono utilizzatissime in cucina, anche per la conservazione dei cibi.
La fitocosmesi
I fondotinta, le maschere di bellezza, i profumi, esistono da tempo immemorabile: sono proprio le piante che hanno fornito le prime ciprie, le tinture e le pomate.
Le piante e la casa
Innumerevoli sono le piante che possono sostituire i prodotti chimici utilizzati quotidianamente nelle nostre abitazioni: vi sono piante che profumano, altre che proteggono gli indumenti e tengono lontani gli insetti.
2. Piante per curarsi nella storia
L’uomo si serve delle piante per curarsi fin dall’inizio della sua esistenza, così come fanno gli animali : probabilmente è proprio osservando questi che nella preistoria venne scoperto come alcune erbe potessero guarire alcuni malanni.
Il potere guaritore di queste aveva un che di magico, o di divino, ed è così che medicina, religione e magia si intrecciarono nella storia dell’umanità: dai medici-sacerdoti egizi, che lasciarono nei papiri testimonianza delle loro conoscenze, a quelli greci e romani devoti al dio Esculapio.
E fu proprio un greco, quell’Ippocrate considerato il padre della medicina, il primo a lasciare scritta una classificazione scientifica di piante medicinali, che comprende più di 200 specie vegetali, seguito poi da Dioscoride, che ne catalogò nel "De Materia medica" circa 600 e dallo studioso romano Plinio il Vecchio, che ne elencò ben mille.
Anche nel Medioevo i medici utilizzavano fiori, radici, foglie e cortecce per produrre cataplasmi, tisane o unguenti medicamentosi e, nelle prime scuole mediche consideravano di grande importanza l’erboristeria e la conoscenza dei semplici, ovvero delle piante che potevano essere utilizzate singolarmente come cure per malanni di vario genere. È grazie all’opera dei monaci che la conoscenza delle erbe curative non andò persa durante il periodo delle invasioni barbariche, mentre la Scuola Salernitana (prima scuola di medicina in Europa) dette un notevole contributo al diffondersi di questa con l´opera Flos medicinae (Fiore della medicina), scritta in latino.
La conoscenza delle erbe poteva però rivelarsi molto pericolosa: tante di coloro che furono bruciate come streghe altro non erano che donne che sapevano curare con le erbe, cioè quelle che oggi chiameremmo guaritrici.
L’ intreccio di medicina e religione ha reso poi “sospetto”, dalla fine dell’Ottocento quando iniziò a svilupparsi l’industria chimico farmaceutica fino ad una trentina di anni fa quando è iniziata una nuova inversione di tendenza, l’utilizzo di rimedi naturali per curarsi poiché apparivano agli occhi della gente comune come pozioni misteriose ed inefficaci, utilizzate ancora soltanto da persone particolarmente ignoranti e credulone. In realtà l’industria farmaceutica non ha mai smesso di studiare le proprietà delle piante e di utilizzarle per preparare i medicinali: basti pensare ad esempio che è l’agave a fornire la materia organica prima da cui si ottiene il cortisone.
Sono varie le scienze che si occupano dello studio delle virtù delle piante, dall’erboristeria, antica scienza di riconoscimento e raccolta di rimedi vegetali, alla fitoterapia, che studia i principi attivi contenuti nei vegetali, ed il loro utilizzo nella cura delle malattie, all’omeopatia, l’aromaterapia e tutte le nuove medicine alternative legate al diffondersi anche da noi di culture originarie di paesi lontani.
L’attuale rinascita di interesse per le cure naturali o semi-naturali ha fatto sì che nelle città e nei paesi si ridiffondessero le erboristerie e che nascessero anche in Toscana nuove realtà volte alla coltivazione delle piante officinali, sia come integrazione alla tradizionale attività agricola che come unica attività (in questo caso, l’esempio più noto è Aboca, che semina, raccoglie e lavora le piante officinali in Valtiberina, ma esistono realtà simili anche nel grossetano e nel pisano).
3. Le piante aromatiche: che cosa sono
Le piante aromatiche sono quelle piante contenenti sostanze odorose (gli aromi appunto), i cosiddetti oli essenziali. Possono essere specie arboree, come l’alloro, il limone o l’eucalipto, arbustive, come la rosa o il ginepro, ma più spesso si tratta di piante erbacee come la camomilla, l’iris o la melissa.
Gli oli essenziali, che le piante usano per vari scopi come attirare gli insetti impollinatori o respingere quelli dannosi, possono essere distribuiti in tutta la pianta o localizzati in determinati organi, come i semi (anice, vaniglia, ginepro, pepe, caffè, ecc.),i bulbi o radici (cipolla, aglio, iris ecc.), le foglie (tè, tabacco, ecc.) o perfino il legno (sandalo, canfora, ecc.). Sono sostanze volatili e, proprio come l’olio d’oliva, non si sciolgono in acqua ( tendono anzi a galleggiare) ma sono solubili ad esempio in una crema neutra.
Spesso gli oli contengono anche proprietà curative: ad esempio la canfora serve si a tenere lontane le tarme dai nostri armadi, ma anche, tramutata in pomata, per lenire i dolori articolari e muscolari.
4. Le piante e la profumeria
Dalle piante ai profumi della storia
L'arte dei profumi è molto antica ed anche la tecnica per crearli si è evoluta con il passare dei secoli.
Egiziani, assiri, babilonesi, che utilizzarono inizialmente i profumi soltanto per le cerimonie religiose, ricavavano le essenze facendo macerare erbe profumate in olio o a partire da resine grezze. (mirra,incenso etc.). Non utilizzavano però fiori.
Con i Romani l’arte di produrre profumi si andò diffondendo in tutta Europa e raggiunse livelli altissimi: la città di Pompei fu uno dei centri più rinomati dell' "ars profumandi", fino alla sua distruzione ad opera del Vesuvio. Non era ancora diffuso in quei tempi però il processo di distillazione, forse già conosciuto 5000 anni fa nella valle dell'Indo, ma riscoperto e introdotto dagli arabi solo successivamente, per cui il profumo antico è caratterizzato da una base costituita da grasso animale e olio vegetale, dal quale deriva il nome latino di "unguentum".
Gli ingredienti base dei profumi di 2000 anni fa erano rose, gigli, foglie di basilico e di mirto, ma anche gelsomino, lavanda, rosmarino etc. Le manifatture italiche dei profumi scompaiono quasi totalmente verso la fine del II sec. d.C., a vantaggio delle manifatture alessandrine delle coste della Palestina, della Fenicia e dell'Egitto: così al gelsomino, alla rosa, alla lavanda, al mirto, al timo, al garofano, alla violetta, al rosmarino, si aggiunsero l'ambra, il muschio, l'incenso, la cannella, e i legni odorosi come l'aloe e il sandalo che profumavano le moschee.
L'importazione, lo studio e la coltivazione di specie orientali nella Spagna islamica, intorno all’anno mille, rappresentano la connessione con le coltivazioni e le estrazioni di piante aromatiche che poi si svilupperanno nel sud della Francia, determinando la nascita della profumeria europea. E fu in questo periodo che proprio un medico arabo, Avicenna, distillò il primo olio da un fiore: la rosa.
La profumeria europea nasce nel Medioevo, quando con le crociate si importarono dall'Oriente materie prime e tecniche del profumo e gli alchimisti d'Europa scoprirono l'alcol etilico. La distillazione e la fabbricazione dei profumi si diffusero ben presto ovunque: va detto che inizialmente erano però usati a scopo medicamentoso, e non per ornamento personale. Si credeva infatti che i profumi avessero proprietà disinfettanti e proteggessero dalle epidemie.
Durante il Rinascimento, segnato dalla riscoperta dell’antichità greco-latina e dall’invenzione della stampa, un gran numero di opere tecniche in italiano ed in francese divulgano ricette di acque odorose per profumare le vesti, il corpo, le case, ma anche di profumi secchi per guanti e cinture, la cui moda, introdotta in Francia dall’Italia e dalla Spagna contribuì alla prosperità della concerie di Grasse e fece di questa città del sud della Francia uno dei più grandi centri per la fabbricazione di profumi d’Europa.
Furono la diffusa carenza di igiene e pulizia personale che decretarono tra le classi della nobiltà d’Europa l’ uso smodato di profumi per nascondere la sporcizia e vincere i cattivi odori. Apparvero così le prime acque profumate quali l'Acqua d'Ungheria e, molto più tardi, l'Acqua di Colonia e nacquero le prime famose case di produzione di profumi, la cui fortuna era spesso legata all’abilità del solo proprietario.
Dal Rinascimento alla prima metà del XIX° secolo, si ricorse alla profumeria secca per usi diversi: polveri per sacchetti, per il viso, per la parrucca, commercializzata alla rinfusa in grandi scatole dai decori raffinati. La profumeria ricevette un colpo funesto nel periodo appena successivo alla Rivoluzione francese, poiché si desiderava spazzare via tutto ciò che ricordava la Corte di Luigi XVI, ma tornò rapidamente in auge durante il periodo napoleonico.
I profumi di oggi provengono da questa lunga tradizione, ma la scoperta dei prodotti di sintesi, alla fine del secolo scorso, ha cambiato in modo considerevole sia il modo di elaborare il profumo, sia quello di percepirlo. Non muta però la sostanza di partenza dei profumi più pregiati: si tratta sempre di un olio essenziale.
Estrazione degli oli essenziali
Dagli oli profumati derivati dalla macerazione dei fiori in olio d'oliva alle tecniche moderne di estrazione usate oggi, l'industria delle essenze naturali ha fatto dei progressi considerevoli, anche se limitati dalla fragilità delle materie prime utilizzate. I metodi utilizzati per l’estrazione degli oli essenziali sono quattro la spremitura , la distillazione, l’enfleurage e la distillazione con solventi volatili.
La spremitura si pratica quando tali oli sono presenti nelle bucce dei frutti, come nel caso ad esempio dell’arancio o del limone: le bucce vengono sminuzzate, raccolte in sacchetti di crine e premute a freddo, dopo aver aggiunto un po’ d’acqua.
La distillazione invece avviene introducendo in un alambicco le piante sminuzzate(o le parti di esse che contengo gli oli) con acqua bollente. Fornendo calore all’alambicco, si forma vapor acqueo che, passando a contatto con le parti vegetali, estrae le sostanze aromatiche portandole con sé. Una volta uscito dall'alambicco, il vapore viene condensato tramite raffreddamento e cade in un contenitore, dove si separano l'acqua e l'olio essenziale per il differente peso specifico.
Da gran parte dei fiori però non si riesce ad estrarre l'olio essenziale tramite distillazione: nei secoli è stata dunque sviluppata la tecnica dell'enfleurage. I fiori freschi vengono posti tra telai di grasso: una volta cedute le sostanze aromatiche al grasso vengono tolti e si aggiungono di nuovo fiori freschi, finché il grasso non è saturato del profumo. Si procede infine a separare tramite un solvente le sostanze aromatiche dal grasso.
La distillazione con il metodo dei solventi volatili è l’ultima tecnica in ordine di tempo inventata per estrarre gli oli essenziali, presentato all' Esposizione Universale di Vienna del 1873 da Louis Roure. Consiste nel mettere a contatto con le parti vegetali dei solventi volatili (etanolo, metanolo, esano, toluene, butano o diossido di carbonio) che vengono scaldati. Questi solventi assorbono (coì come il grasso nell’enfleurage) gli oli essenziali e sono poi eliminati per evaporazione: si ottiene così una materia cerosa: la "concrète" . Mescolata con alcol, scaldata e poi raffreddata, la "concrète" viene purificata dai composti vegetali e dalle cere che contiene: resta unicamente una sostanza odorosa, che prende il nome di assoluto.
Le piante più note per la produzione di oli
Gelsomino
Originario del Malabar nelle Indie Orientali, fu importato nell'Europa dai navigatori spagnoli attorno al 1500. Ma se ne trovano tracce in Italia anche prima di quel tempo: si narra infatti che Cosimo I de' Medici, volendo esserne l'unico possessore, proibì severamente ai suoi giardinieri di regalarne anche una sola pianta e di riprodurlo in molti esemplari. Ancora oggi in Toscana il Gelsomino italiano viene aggiunto dalle spose al bouquet, affinché porti fortuna al futuro marito. Il Gelsomino Sambac , o Gelsomino indiano, viene utilizzato largamente in profumeria ed è una varietà caratterizzata da un odore penetrante, intenso e sensuale. Ma è a Grasse che si coltiva la varietà più costosa e apprezzata di gelsomino, il Jasminum Grandiflorum, dagli effluvi più delicati e la cui produzione è riservata ai marchi più esclusivi: è l’unico ammesso nella formula segreta di Chanel N°5.
Lavanda
La lavanda è entrata a far parte della tradizione popolare grazie al suo delicato, fresco e persistente profumo. Da sempre è, infatti, utilizzata per profumare la biancheria. Il nome "lavanda" è stato recepito letteralmente nella lingua italiana dal gerundio latino "lavare" (che deve essere lavato) per alludere al fatto che questa specie era molto utilizzata nell'antichità (soprattutto nel Medioevo) per detergere il corpo.
Due sono le specie attualmente coltivate in Italia: la Lavanda vera (Lavandula officinalis) e il Lavandino (un ibrido tra la Lavandula officinalis e la Lavandula latifolia). La prima, la lavanda comune, è coltivata soprattutto in Emilia e in Toscana, mentre il lavandino è una tipica coltura ligure (provincia d'Imperia) e piemontese
Rosa
La Rosa giunge dalla Persia, dove si iniziò a coltivarla grazie alla situazione climatica e, ben prima della nascita di Cristo, venne portata in Europa.. I Greci ed i Romani ed i la resero sacra e la consideravano un dono di Afrodite, dea dell'Amore.
Anche i templi venivano decorati con tralci di rose. Esistono oggi due regioni principali in cui vengono coltivate le rose dalle quali si ricavano le essenze:la prima è composta da Bulgaria e Turchia, dove si coltiva soprattutto la Rosa damascena, la seconda comprende il Sud della Francia e il Marocco, dove si coltiva soprattutto la Rosa centifolia. Sono necessari 1400 fiori per ottenere 1 grammo di prezioso olio essenziale che rappresenta il distillato naturale di rosa. Per ottenere 1 chilogrammo di olio essenziale sono necessarie 3 tonnellate di rose.
L’iris fiorentina o giaggiolo
Il nome giaggiolo nasce nel xv secolo.per indicare l'Iris florentinias, e deriva dal termine ghiaggiuolo o ghiacciolo: probabilmente è dovuto alla forma del bocciolo di questa pianta da fiore, che ricorda appunto un ghiacciolo anche nel colore. E' una pianta erbacea, , che in Toscana cresce spontanea un po’ in tutte le aree collinari, con belle foglie lunghe e spesse della stessa tonalità della salvia, il fiore grande è di un colore incerto fra il viola chiaro e il celeste, il profumo è intenso e un po' acre.
Nella fabbricazione dei profumi si usano i rizomi (cioè le radici) di questa pianta, che vengono privati della corteccia, seccati per un anno intero – in passato tre anni- e triturati prima della distillazione al vapore. Il procedimento d'estrazione è lungo e complicato ed ha un rendimento mediocre:questo spiega il prezzo elevato dell’essenza ed il fatto che si usi soltanto per i profumi più ricercati.
La coltivazione per scopi commerciali di questa pianta, che iniziò in maniera sistematica a metà dell'Ottocento (era infatti già praticata come coltura marginale sui balzi e sulle prode dei campi dalle massaie delle famiglie contadine, che utilizzano i soldi ricavati dalla vendita dei rizomi per integrare lo spesso misero bilancio famigliare e far la dote alle figlie) e raggiunse presto notevoli quantitativi di produzione grazie alla costante e consistente domanda da parte di aziende francesi e del nord Europa, si diffuse soprattutto nel Chianti e nell’Alto Valdarno per poi ridursi drasticamente a metà del ‘900 a causa della concorrenza di prodotti di sintesi, che svolgono la stessa funzione (o quasi) a costi notevolmente inferiori, ed al crescente diffondersi dalle meno faticose e sempre più redditizie coltivazioni di olivi e di vigneti. Rimangono a ricordo di questa tradizione solo alcuni ettari di giaggiolo coltivati ai margini dei terrazzamenti delle colline del Pratomagno e del Chianti, e la Festa del giaggiolo, che si svolge ogni anno a San Polo in Chianti in ricordo di questa importante voce dell'economia Toscana.
L’’antica coltura del Giaggiolo (Iris fiorentina o Giglio): simbolo di Firenze fin dal secolo XI.
Da GIOVANVETTORIO SODERINI, Della cultura degli orti e dei giardini … ora per la prima volta pubblicato, In Firenze, nella Stamperia del Giglio, 1814
“Ghiaggiuolo: niente di “esotico” e di “speziato” nel “Giglio azzurro”, come lo definiva Soderini; anzi pianta perenne “nativa dei luoghi montuosi di varie parti d’Italia, ma specialmente dei contorni di Firenze”, come scriveva qualche secolo dopo Antonio Targioni Tozzetti, familiare e consueta al punto tale che Firenze “sulle di cui mura si trova spontanea” l’aveva eletta a simbolo del proprio stemma. E tuttavia, grazie al suo particolare profumo intenso e vellutato, al suo sapore “acre amaricante”, oltre che entrare a pieno titolo “nella composizione di polveri odorose”, nelle miscele dei tabacchi da presa, nella fabbricazione “di certi saponi da tavoletta”, la polvere di giaggiolo veniva utilizzata in Cina, scriveva Antonio Targioni Tozzetti, per “aromatizzare certe varietà di the”. In questo caso dunque era l’accattivante profumo del nostrano giaggiolo che dava aroma e sapore all’esotico the.”
5. Piante contro gli insetti molesti
Piante contro gli insetti molesti
In natura, la presenza degli insetti è determinante per l’esistenza delle piante, basta pensare all’azione che svolgono come impollinatori. Non tutti però svolgono un’azione utile, anzi alcuni si rivelano molto dannosi, nutrendosi proprio di parti delle piante. Così, nel corso dei secoli, le piante anno sviluppato una serie di meccanismi, dalla forma ed il colore dei fiori alle sostanze odorose, per attrarre alcuni insetti e respingerne altri.
Così come le piante, anche l’uomo è da sempre alla ricerca di metodi per liberarsi da alcuni insetti, sia per ragioni igieniche (pensiamo solo alle mosche), sia per evitare i fastidi derivati dalla loro puntura, che peraltro possono variare da un semplice prurito ad una reazione allergica o alla trasmissione di una malattia (ad esempio la malaria). E proprio osservando come molte piante si proteggevano dagli animali aggressivi, l’uomo ha imparato ad usare gli oli essenziali come difesa contro gli insetti.
Con l’avvento della chimica, il problema di eliminare mosche, moscerini, formiche volanti, tafani, zanzare, tarme e simili sembrava ormai risolto: in realtà gli studi scientifici hanno dimostrato che le «armi chimiche», come zampironi, fornellini elettrici e insetticidi, benché utili non sempre siano innocui per la nostra salute. Eliminano gli insetti, insomma, ma talvolta danneggiano gravemente anche noi: è il caso del DDT, fortissimo insetticida che sembravo destinato a far sparire per sempre le zanzare, ma che con loro stava per far scomparire anche noi essendosi poi rivelato cancerogeno e fortemente inquinante. L’attenzione si sta dunque nuovamente spostando sui rimedi naturali.
Ma quali piante usare? In generale, tutte e piante ricche di oli essenziali sono in grado di tenere alla larga zanzare, moscerini e tafani poiché emettono un olio volatile formato da terpeni profumati per noi ma repellente per gli insetti: poichè però non è pensabile vivere sempre attorniati da cespugli di lavanda o di melissa (tanto per citare qualche pianta aromatica), si usano gli oli essenziali per creare prodotti sia da diffondere nell'ambiente che da applicare direttamente sulla pelle.
Gli oli essenziali più utilizzati sono estratti soprattutto da alcune piante , che si sono rivelate le più adatte ed efficaci, come ad esempio la Citronella, la Melissa, la Lavanda, il Geranio, il Basilico,
Citronella
Quest'olio essenziale si ottiene dalla distillazione al vapore acqueo di un'erba che cresce nella fascia tropicale. Il suo odore fresco, di limone, assomiglia a quello di melissa: spesso si trova in commercio olio di citronella camuffato da melissa, dalla quale però differisce per il prezzo e per le sue proprietà. La citronella si usa specialmente come repellente per zanzare ed altri insetti , ma anche per rinfrescare gli ambienti, e per aromatizzare prodotti per la pulizia.
Geranio
Molto apprezzata come pianta ornamentale, questa pianta contiene un olio essenziale repellente per le zanzare da usare tanto sulla pelle che nell'ambiente.
Lavanda
Tra le tante virtù, questa pianta allontana le tarme dall’armadio.
Melissa
La melissa è una specie di menta con l'odore della citronella. Piantare della melissa vicino alle aperture (porte e finestre) funziona come repulsivo per le zanzare e per diversi altri insetti. Il suo olio essenziale, anche se meno efficace di quello alla citronella, è utile per prevenire le punture. La melissa ha il vantaggio di poter essere coltivata anche nei climi freddi (Europa del Nord e montagna) mentre la citronella teme il gelo.
Basilico
Il basilico è famoso per essere efficace contro molti ditteri, in particolare le mosche. Il suo odore forte allontana anche le zanzare.
Adesso verifica con il nostro quiz le conoscenze acquisite.
Ecco qui 15 domande a risposta multipla; individua la risposta corretta e clicca sul tasto "Invia". In caso di errore il sistema ti fornirà dei suggerimenti per arrivare alla conclusione del test.
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