“Materia prima della Commedia è la vita. E Dante ci fa vedere il mondo così com’è.
Da questa elementare scoperta prende il via il nostro lavoro, che privilegia l’aspetto visionario e la forza evocativa della poesia dantesca.
Nel canto XXVI dell’Inferno, quello di Ulisse, improvvisamente scende la sera.
Dante guarda la sera, la mosca, sente il ronzio della zanzara, e noi vediamo quello che sta guardando.
Quante il villan ch’al poggio si riposa,nel tempo che colui che ‘l mondo schiara la faccia sua a noi tien meno ascosa,
come la mosca cede a la zanzara,
Come la mosca cede alla zanzara…
Per lui ogni particolare è importante, porta senso, significato, peso. Il poeta descrive e mostra la realtà attraverso infiniti dettagli e ci conduce a riscoprirla.
L’occhio attento del poeta utilizza le parole come una macchina da presa e ci restituisce tutto quello che vede.
È così che noi vediamo la sera, i passi, i diavoli dell’Inferno, il fuoco, la luce e gli angeli.”
Dante Alighieri nasce nella primavera del 1265, sotto la costellazione dei Gemelli.
Il 27 gennaio 1302 è condannato a due anni di confino, all’esclusione dal Consiglio dei Cento e al pagamento di cinquemila fiorini piccoli. Il 10 marzo è condannato al rogo in contumacia. Per questo non vedrà mai più la sua amata Firenze.
Esule, si sposta di città in città e scrive, fino alla morte, ospite in case non sue.
14.233 versi endecasillabi in terzine compongono la Commedia di Dante: Inferno, Purgatorio, Paradiso.
- Dante interrompe circa 20 volte il racconto per rivolgersi al lettore. Sono appelli indirizzati a veri compagni di viaggio, non ai lettori di un libro.
Pensa, lettor, se io mi sconfortai
nel suon de le parole maladette,
ché non credetti ritornarci mai.
(If. VIII, 94-96)
Aguzza qui, lettor, ben li occhi al vero,
ché ‘l velo è ora ben tanto sottile,
certo che ‘l trapassar dentro è leggero.
(Pg. VIII, 19-21)
O voi che siete in piccioletta barca,
desiderosi d’ascoltar, seguiti
dietro al mio legno che cantando varca,
tornate a riveder li vostri liti:
non vi mettete in pelago, ché, forse,
perdendo me, rimarreste smarriti.
L’acqua ch’io prendo già mai non si corse;
(Pd. II, 1-15)
Ma qui tacer nol posso; e per te le note
Di questa comedia, lettor, ti giuro,
s’elle non sìen di lunga grazia vote,
ch’i vidi per quell’aere grosso e scuro,
venir notando una figura in suso,
maravigliosa ad ogni cor sicuro,
sì come torna colui che va giuso
talora a solver l’ancora ch’aggrappa
o scoglio o altro che nel mare è chiuso,
che ‘n su si stende e da piè si rattrappa.
(If. XVI, 127-136)
(continua….)
- Paesaggi terrestri e celesti
Noi andavam per lo vespero, attenti
oltre quanto potean li occhi allungarsi
contra i raggi serotini e lucenti.
(Pg. XV, 139-141)
Come quando la nebbia si dissipa,
lo sguardo a poco a poco raffigura
ciò che cela il vapor che l’aere stipa,
cosí forando l’aura grossa e scura,
piú e piú appressando ver la sponda,
fuggiemi errore e cresciemi paura;
(If. XXXI, 34-39)
cosí per entro loro schiera bruna
s’ammusa l’una con l’altra formica,
forse ad espiar lor via e lor fortuna.
(Pg. XXV, 28-45)
quando la brina in su la terra assempra
l’imagine di sua sorella bianca,
ma poco dura alla sua penna tempra;
lo villanello a cui la roba manca,
si leva, e guarda, e vede la campagna
biancheggiar tutta; ond’ei si batte l’anca,
ritorna in casa, e qua e là si lagna,
come ‘l tapin che non sa che si faccia;
(If. XXIV, 4-15)
Grandine grossa, acqua tinta e neve
Per l’aere tenebroso si riversa;
pute la terra che questo riceve.
(If, VI, 10-12)
(continua….)
- Visioni
Come le pecorelle escon del chiuso
a una, a due, a tre, e l’altre stanno
timidette atterrando l’occhio e ‘l muso;
e ciò che fa la prima, e l’altre fanno,
addossandosi a lei, s’ella s’arresta,
semplici e quete, e lo ‘mperché non sanno;
(Pg. III, 79-87)
Quali si stanno ruminando manse
le capre, state rapide e proterve
sovra le cime avante che sien pranse,
tacite a l’ombra, mentre che ‘l sol ferve,
(Pg. XXVII, 76-79)
E come a gracidar si sta la rana
col muso fuor dell’acqua, quando sogna
di spigolar sovente la villana;
(If. XXXII, 31-33)
(continua….)
- Ali
Quasi falcone ch’esce del cappello,
move la testa e con l’ali si plaude,
voglia mostrando e faccendosi bello,
(Pd. XIX, 34-39)
E come li stornei ne portan l’ali
nel freddo tempo a schiera larga e piena,
cosí quel fiato li spiriti mali
di qua, di là, di giú, di su li mena;
nulla speranza li conforta mai,
non che di posa, ma di minor pena.
E come i gru van cantando lor lai,
faccendo in aere di sé lunga riga,
cosí vidi venir, traendo guai,
ombre portate dalla detta briga:
(If. V, 40-49)
E quale il cicognin che leva l’ala
per voglia di volare, e non s’attenta
d’abbandonar lo nido, e giú la cala;
(Pg. XXV, 10-12)
Vid’io più di mille angeli festanti,
ciascun distinto di fulgore e d’arte.
Vidi a lor giochi quivi e a lor canti
ridere una bellezza, che letizia
era ne li occhi a tutti li altri santi;
(Pd. XXXI, 131-135)
Ecco l’angel di Dio: piega le mani:
omai vedrai di sí fatti officiali.
Vedi che sdegna li argomenti umani,
sí che remo non vuol né altro velo
che l’ali sue tra liti sí lontani.
Vedi come l’ha dritte verso il cielo,
trattando l’aere con l’etterne penne,
che non si mutan come mortal pelo».
Poi, come piú e piú verso noi venne
l’uccel divino, piú chiaro appariva;
per che l’occhio da presso nol sostenne,
ma chinail giuso; e quei sen venne a riva
con un vasello snelletto e leggiero,
tanto che l’acqua nulla ne ‘nghiottiva.
Poi fece il segno lor di santa croce;
ond’ei si gittar tutti in su la piaggia:
ed el sen gí, come venne, veloce.
(Pg. II, 1-51)
(continua….)
La Commedia di Dante – visioni di immagini e suoni di Franco Palmieri [.pdf | 1474KB]
Credits:
- Assessorato alla Pubblica Istruzione del Comune di Firenze.
- Programma predisposto da:? Ente Cassa di Risparmio di Risparmio di Firenze – PortaleRagazzi in collaborazione con Associazione culturale Cult-er.
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