La questione sull’uso di cellulari e smartphone nelle scuole italiane per lungo ha tempo diviso l’opinione pubblica, gli studenti e gli insegnanti. Il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Marco Bussetti, che è intervenuto a Didacta, nell’ambito dell’intervista rilasciata alla giornalista Valeria Strambi, pubblicata su La Repubblica Firenze del 18 ottobre, alla domanda: “Il precedente governo aveva aperto la strada anche all’uso degli smartphone in classe. Qual è la sua posizione?” ha così risposto: “Non dobbiamo guardare alla tecnologia come a un nemico. Dobbiamo farne una valida alleata. E questo vale anche per lo smartphone. Se serve per scopi didattici, perché non utilizzarlo? Tra l’altro molte scuole hanno già regolamenti interni a tal proposito. Valorizziamo l’autonomia degli istituti. E lavoriamo per fornire sempre più stimoli e strumenti agli studenti. Costruiamo una scuola smart, con connessioni più veloci e strumentazioni adeguate…”.
La questione sembrerebbe quindi essere risolta, fermo restando che come si evince dalla dichiarazione del Ministro, occorre sempre tenere conto dei regolamenti adottati dai singoli istituti scolastici, che hanno la facoltà di regolarsi come ritengono sia più opportuno. A tal riguardo risulta essere “interessante” la sperimentazione attuata dal Liceo paritario cattolico San Benedetto di Piacenza, che ha vietato l’utilizzo degli smartphone in classe, avvalendosi della tecnologia. Nello specifico, quando gli studenti entrano a scuola, l’utilizzo dei dispositivi elettronici viene bloccato attraverso Yondr. Di che cosa si tratta? In pratica agli studenti viene fornito un sacchettino in neoprene, all’interno del quale riporre il cellulare. Il materiale è in grado di schermare completamente lo smartphone, rendendo inutilizzabili rete telefonica e internet. Inoltre il sacchettino può essere sbloccato solo con un apposito dispositivo, che in genere è in possesso di una sola persona, un po’ come se si trattasse di un sistema anti-taccheggio. Giusta, sbagliata, la decisione presa a Piacenza? Noi della Redazione di PortaleRegazzi non vogliamo entrare nel merito. Inoltre, trattandosi di una sperimentazione, occorre vedere cosa succederà strada facendo. L’unica cosa che ci sentiamo di poter dire, in considerazione del fatto che i singoli istituti hanno un’ampia autonomia, è che nel prendere qualsiasi decisione hanno la necessità di essere guidati da un grande buon senso. E questo per il bene dei ragazzi, degli insegnanti e dei genitori.
Vi consiglaimo uno spunto di lettura sulle tematiche dei “nativi digitali” G. Riva (2018) La solitudine dei nativi digitali, GEDI Roma
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