Premessa indispensabile. Le note che qui sono scritte sono rivolte in primo luogo agli insegnanti. La costruzione di uno spettacolo è per sua natura un percorso potenzialmente didattico. Ogni insegnante che conosce bene i propri alunni può quindi approfittare di questa edizione del progetto all’opera per approfondire in classe (o magari per se stesso) alcuni spunti che troverà sul Portale. Possiamo dire che quello che segue è una sorta di ragionamento (a voce alta) che ogni regista, ogni operatore culturale fa nella sua testa al momento di affrontare un’opera. Ogni volta un testo diventa pretesto per domande e approfondimenti che in primo luogo ci servono per avvicinarsi a quel nucleo di temi e sentimenti che si affacciano alla nostra sensibilità e trasformano in esperienza personale ed originale il rapporto con un classico. Fidelio è un’opera difficile e quindi non è detto che l’insieme dei nostri suggerimenti possa tradursi in una diretta attività in classe, ma ogni insegnante, se vorrà, potrà approfittarne per coltivare quella sua visione originale dell’opera che sicuramente, anche se non subito, si tradurrà in un’offerta migliore peri suoi ragazzi. Senza contare che prendersi un po’ di tempo per sé (anche solo quello che potrete concedervi per la lettura di queste brevi note) non è un tempo da disprezzare.
Fidelio. Le fonti, l’accoglienza dell’opera.
Fidelio è l’unica opera lirica di Ludwig van Beethoven, musicista famosissimo e popolare soprattutto per le sue sinfonie, in particolare la Terza, detta Eroica, la Quinta, il cui inizio è forse uno dei brani musicali più noti al mondo, e la Nona, della quale probabilmente tutti conoscono la melodia del finale (Inno alla gioia).
L’opera debuttò a Vienna il 20 novembre 1805, ma fu rivista e corretta dall’autore in vista di una seconda esibizione nel 1806 e ancora per una terza edizione che andò in scena il 21 maggio 1816. Il soggetto al quale s’ispirò è un dramma francese, Léonor, di Jean-Nicolas Bouilly, andato in scena nel 1798 con grande successo: a questo lavoro attinsero altri musicisti: Ferdinando Paer e Giovanni Simone Mayr (pare che Beethoven conoscesse l’opera di Paer, di cui era amico e che incontrò a Vienna alla fine del 1803; non solo, fra le carte del grande compositore tedesco è stata trovata una copia della Leonor di Paer).
La storia si ispira ad un fatto vero: Bouilly, infatti, racconta nelle sue memorie un fatto che sembra un vero e proprio romanzo d’avventura. Siamo in piena rivoluzione francese, nella città di Tours e lo scrittore scopre che un suo vecchio amico, il conte de Semblancy, viene tenuto in carcere. Avverte la moglie che, travestita da contadino entra nel carcere e tenta inutilmente di far scappare il marito. Fra coloro che vogliono ad ogni costo la morte del conte c’è Jean Baptiste Carrier che è un uomo crudele, tanto crudele che lo stesso Robespierre, capo indiscusso dei rivoluzionari, lo convoca a Parigi perché si discolpi dell’accusa di usare metodi inumani e spietati. Un gruppo di soldati prende in consegna Carrier che fugge per tornare a Tours e uccidere il conte de Semblancy: la moglie, che gli spara, e l’inviato del governo francese però riescono a salvare il prigioniero e a portare Carrier a Parigi (per la cronaca, dopo aver contribuito alla rovina di Robespierre viene a sua volta giustiziato nel 1794). Per motivi di opportunità (i fatti narrati erano troppo recenti e potevano scatenare nel pubblico reazioni anche molto violente) Bouilly decise di spostare l’azione nella Spagna del Seicento e di camuffare i veri attori del dramma con nomi inventati, ovviamente spagnoli.
Lo spettacolo ebbe un grande successo. Perché? Questo genere di dramma, che in francese si chiama pièce à sauvetage, entusiasmava il pubblico perché i suoi protagonisti, che potevano essere ricchi o poveri, non importa, si salvavano (vincevano) perché erano buoni e superavano i mille trabocchetti dei cattivi, un po’ come i supereroi.
Beethoven lavorò oltre un anno e mezzo alla scrittura del Fidelio e riempì un quaderno di 250 pagine!!!!! Non si decideva mai: aveva appena scritto la sinfonia Eroica e lavorava molto. Ma non era mai contento: si era impegnato in un genere per lui nuovo e voleva comunicare la forza dei suoi ideali di libertà e giustizia, ma anche rinnovare il modo di fare il melodramma.
L’opera fu un insuccesso: il motivo principale è da ricercare nel fatto che nel 1805 Vienna era occupata dalle truppe francesi e molti amici ed estimatori di Beethoven erano scappati di fronte all’invasione delle truppe di Napoleone.
Per approfondire i temi e la trama vi invitiamo a consultare online o a scaricare il documento sottostante redatto da Daniele Bacci
CONDIVIDI: