La fauna selvatica è stata per secoli una ricchezza ambientale importante per l’Arno e per gli abitanti di Firenze. Tuttavia, l’uomo fin dai tempi antichi ha apportato modifiche abbastanza profonde all'ambiente originario del fiume che hanno impoverito la naturalità del corso d'acqua fiorentino e delle sue sponde.
Comunque oggi lungo l’Arno si possono osservare molte specie di uccelli selvatici. Tra questi i più grandi e facilmente visibili sono quelli della famiglia degli aironi, presenti con diverse specie: l'airone cenerino è il più grosso, grigio con la testa striata di nero, d’inverno riposa in gruppo sugli alberi più alti del parco delle Cascine. Durante il volo tutti gli aironi tengono il collo ritirato e le zampe estese.
Le garzaie sono il luogo dove nidificano gli aironi, detti anche “garze”, o “sgarze”. Si trovano in zone umide, paludose, che un tempo abbondavano intorno all'Arno e che invece oggi sono limitate ad alcune aree: il Padule di Fucecchio, il Poderaccio, i Renai, e poche altre ancora.
La nutria, un grosso roditore che può sembrare un enorme topo, è una specie originaria del Sud America. Fu importata in Italia per allevarla per la pelliccia di ‘castorino’. Oggi la nutria si è riprodotta in maniera massiccia, formando numerose colonie lungo i fiumi toscani. Nell'ultimo secolo, nella campagna fiorentina e toscana è drasticamente diminuita la fauna selvatica. Fra le numerose cause sono da ricordare: il cambiamento intervenuto nelle tecniche della coltivazione della terra e l'utilizzo sempre più massiccio di prodotti chimici.
Così se da un lato si assiste addirittura all'invadenza di certe specie meglio adattabili come il cinghiale nella collina, tanti volatili stanziali sono andati progressivamente scomparendo. Tra questi fagiani, starne, pernici che si erano ad esempio adattati bene a vivere vicino le case dei contadini cibandosi dei residui dei raccolti o della microfauna parassita, i piccoli animali che abitano tra le coltivazioni.
Molti campi però sono stati abbandonati, e quindi sono stati rapidamente invasi da una vegetazione dallo scarso valore alimentare per gli animali. La semplificazione sempre più esasperata nell'attività agricola, d'altro canto, ha avuto pure ripercussioni negative: alcune operazioni come la raccolta, l'aratura, o l'interramento delle stoppie sono ormai effettuate contemporaneamente su superfici molto vaste.
In definitiva l'ambiente viene sconvolto in tempi assai ristretti mettendo dunque in serio pericolo la sopravvivenza delle popolazioni selvatiche.
È anche generalmente risaputo che un altro aspetto assai preoccupante è quello dell'inquinamento legato all'abuso di prodotti chimici. Per evitare intralci all'azione delle macchine che lavorano la terra sono state poi eliminate gran parte delle siepi di bordo campo che, un tempo, offrivano sempre un buon rifugio e soprattutto nel delicato periodo della nidificazione. Questo agro-eco-sistema costituito da pascoli o prati alternati a campi di cereali, piacevolmente interrotto da siepi o boschetti ai limiti delle proprietà, caratterizzava appunto la collina toscana. Queste siepi sono importanti, anche perché ospitano insetti e altri piccoli animali utili per la difesa delle coltivazioni.
Le aziende interessate all'agricoltura biologica che si va diffondendo, in particolare, sono addirittura obbligate a realizzare attorno agli appezzamenti un tratto di terreno con una siepe di piante che separi e difenda le colture in caso di pericolo di deriva di prodotti chimici da aziende vicine.
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