Atto quarto – Scena prima
Sala nel palazzo del re. Alla sinistra una gran porta che mette alla sala sotterranea delle sentenze. Andito a destra che conduce alla prigione di Radamès.
Combattuta tra il risentimento e l’amore (“L’aborrita rivale a me sfuggia”), Amneris ordina che le sia condotto il prigioniero.
Vuole salvare, con la vita dell’uomo che ama, la sua stessa felicità, l’unione con lui. Ma Radamès è ormai deciso a non opporsi al destino, né intende più nascondere i sentimenti che lo legano ad Aida (“Già i sacerdoti adunansi”). I sacerdoti, «bianche larve», sono già pronti a giustiziare il traditore; Amneris maledice se stessa e la gelosia che non ha saputo reprimere (“Ohimè! morir mi sento”): si dispera, urla, implora pietà per Radamès. Ma il condottiero non si discolpa, la sentenza capitale viene pronunciata e la principessa maledice i sacerdoti sui quali chiede la vendetta del cielo.
Atto quarto – Scena seconda
La scena è divisa in due piani. Il piano superiore rappresenta l’interno del tempio di Vulcano splendente d’oro e di luce; il piano inferiore un sotterraneo. Lunghe file d’arcate si perdono nell’oscurità. Statue colossali d’Osiride colle mani incrociate sostengono i pilastri della volta. Radames è nel sotterraneo sui gradini della scala, per cui è disceso. Al di sopra, due sacerdoti intenti a chiudere la pietra del sotterraneo.
Radamès pronuncia per l’ultima volta il nome di Aida (“La fatal pietra sovra me si chiuse”) e, come in sogno, la donna gli appare. Non è una visione, Aida è venuta a morire con lui (“Morir! sì pura e bella”). Gli innamorati si abbracciano e si congedano, uniti e senza rimpianti, dal mondo crudele che li ha condannati (“O terra, addio”). Sopra di loro Amneris, vestita a lutto, prega sulla tomba dell’amato, invocando la pace.
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