A partire dal corrente mese di novembre, e per la durata dell’intero anno scolastico, pubblicheremo una serie d’inchieste ed editoriali incentrati sulle nuove tecnologie e le loro applicazioni e ricadute in ambito formativo-educativo, e più in generale nella vita quotidiana di noi tutti.
In questo primo editoriale, cominceremo a parlare di codyng e robotica educativa. Diciamo subito che il coding, oltreché essere di sempre maggior importanza per alunni e docenti, può essere anche molto divertente, soprattutto se ci si avvale dell’utilizzo dei robot. Ma cosa significa la parola “coding”. Quando si parla di “coding”, ci si riferisce all’insegnamento e l’apprendimento della programmazione già nei primi anni di scuola. Occorre però sottolineare che non si tratta una disciplina fine a sé stessa, bensì volta all’apprendimento di materie diverse, come avviene anche nella robotica educativa.
I principi a cui si rifà il “coding”, sono infatti molto simili a quelli sui cui si fonda la “robotica educativa”. Nella pratica, bambini e ragazzi (della scuola primaria, secondaria, ma anche dell’infanzia) si trovano davanti a quello che più li diverte: un tablet, il monitor di un pc, un robot, e sotto la guida d’insegnanti opportunamente preparati e/o esperti, imparano, divertendosi, linguaggi di programmazione, iniziano a sviluppare un pensiero logico-computazionale che potranno poi applicare nella risoluzione di problemi più o meno complessi, sia in ambito scientifico che umanistico. La metodologia applicata è quella del learning by doing, cioè imparando facendo. A tal riguardo, segnaliamo che dal 2014, la Commissione Europea promuove EU Code Week (l’edizione 2017, si è svolta dal 7 al 22 ottobre). Si tratta di una campagna di sensibilizzazione volta a stimolare lo sviluppo e la diffusione del pensiero computazionale quale strumento di crescita individuale e collettiva; l’Italia ha aderito a EU Code Week fin dalla prima edizione e si è sempre distinta per numero di eventi organizzati e di partecipanti, soprattutto grazie al coinvolgimento attivo delle scuole. Inoltre, il MIUR, in collaborazione con il CINI – Consorzio Interuniversitario Nazionale per l’Informatica, a partire dall’Anno Scolastico 2014 / 2015 ha dato corso al Programma Futuro che è stato riconosciuto come iniziativa di eccellenza europea per l’istruzione digitale nell’ambito degli European Digital Skills Awards 2016.
Ma con quali strumenti si può fare coding a scuola? Di seguito ne indichiamo alcuni: Scratch, tool di programmazione visuale (il codice del programma non deve essere digitato) sviluppato dal gruppo di ricerca Lifelong Kindergarten del MIT Media Lab di Boston; gli esercizi-gioco proposti dal sito Code.org (per risolvere il problema i bambini devono impegnarsi per capire quale possa essere la possibile soluzione, e se raggiungono l’obiettivo hanno imparato come fare; intanto, inconsapevolmente hanno scritto righe di codice informatico); Processing, per i ragazzi più grandi.
All’inizio, abbiamo detto che il coding a scuola può essere più divertente se si avvale dell’utilizzo di robot, e che i principi su cui si fonda il “coding”, sono molto simili a quelli sui quali si fonda la “robotica educativa”. Ma qual è, se c’è, la differenza tra “coding” e “robotica educativa”? Volendo semplificare, possiamo dire con il coding il risultato di un esercizio di programmazione viene visto su uno schermo, se invece utilizziamo un robot, la programmazione ha come esito quello di vedere il comportamento del robot stesso.
CONDIVIDI: