Tutti noi abbiamo in mente il famoso cappotto di lana arancione con i riccioli e il collo di pelliccia che spesso colora le piazze durante gli inverni grigi in città.
Però conoscete la storia del tessuto, originario del Casentino, dal quale viene confezionato?
L’Origine dell’attività laniera in Casentino
L’attività laniera in Casentino risale probabilmente a prima del 1300, ne testimoniano la presenza gualchiere, stabilimenti per la purga e la follatura (1) dei panni di lana datate di quest’epoca.
I panni di lana usati per fabbricare gli indumenti degli abitanti della Valle erano pesanti, resistenti all’usura e impermeabili all’acqua e alla neve, caratteristiche necessarie per affrontare gli inverni freddi e rigidi.
Il Casentino, valle situata a nord della provincia di Arezzo, era idonea alla produzione dei panni, poiché la materia prima, la lana, si trovava in abbondanza e a buon prezzo (presenza di numerose greggi). La fibra usata dai lanaioli Casentinesi era piuttosto ordinaria e ispida (anche se migliorata negli anni da numerosi incroci tra pecore nostrane e merinos).
I torrenti e vari corsi d’acqua della zona erano essenziali per il lavaggio e la tintura della lana, ma anche per far funzionare le macchine di follatura dei panni.
Infine la legna, facilmente reperibile nei boschi circondanti, era fondamentale per scaldare l’acqua e eseguire le tinture naturali.
Il panno Casentino e l’Arte della Lana Fiorentina
Durante un lungo periodo storico, i lanaioli del Casentino seguirono le regole dettate dall’Arte della Lana Fiorentina. Nel 500, i panni prodotti in Casentino dovevano essere marchiati per indicare la loro provenienza al fine di evitare che fossero venduti per panni Fiorentini.
La nascita del panno arancione con i ricci
Nel cercare di migliorare l’impermeabilità del panno Casentinese con l’Allume di rocca (2), i lanaioli ottennero il famoso color arancione che è diventato caratteristico. Infatti, la tintura con l’alizarina di sintesi (colorante presente nella robbia) dopo una mordenzatura (3) con l’alluminio, produce una tinta arancio. Grazie a quest’errore di tintura, nacque il colore che tradizionalmente viene abbinato al verde.
La data di apparizione del ricciolo sulle superficie del panno, non è mai stata determinata. La macchina che permette di produrre questo finissaggio particolare si chiama “ratinatrice” ed è probabilmente di origine francese.
Il panno casentino oggi
Oggi, questo tessuto di grande tradizione italiana non ha perso del suo fascino e viene sempre lavorato nelle botteghe di sartoria artigianale oppure da stilisti come Roberto Capucci che nel 2008 ha creato un cappotto in panno Casentino interamente plissettato per sostenere il progetto Tessile & Sostenibilità, oggi diventato Filiera del Tessile Sostenibile.
Per saperne di più sul panno e l’Arte della Lana in Casentino, puoi consultare il sito Internet del Museo della Lana di Stia, e perché non programmare una visita!
Note:
(1) Follatura : trattamento di finissaggio tessile che consiste nel compattare un tessuto di lana tramite infeltrimento
(2) Allume di rocca : sale di alluminio presente in natura usato nella lavorazione della lana, in particolare per la tintura
(3) Mordenzatura : trattamento con sostanze chiamate mordenti che permette di aumentare la solidità e la resa di una tintura
Links:
– Video TG1 sul Bio Tessuto “Il Panno Casentino”
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-7efa4d74-49d7-4c42-a020-27adf57032c2-tg1.html
– Museo della lana di Stia http://www.museodellalana.it/
– Filiera del Tessile Sostenibile http://www.tessilesostenibilita.it/it/eventi/roberto-capucci-sostiene-tessile-sostenibilita
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