L'Arno è lungo 241 chilometri: vale a dire, più o meno la distanza che c'è tra Firenze e Venezia. Nasce sul Monte Falterona, nell'Appennino tosco-romagnolo, a quota 1.385 metri sul livello del mare, e sfocia nel Mar Ligure poco dopo aver attraversato Pisa.
L'Arno è stato sfruttato per la navigazione fin dal tempo dei romani, come hanno dimostrato diversi ritrovamenti archeologici.Nel medio evo poi il fiume venne molto utilizzato per viaggiare da Firenze alla costa. Nel Rinascimento i Medici, e soprattutto il granduca Cosimo I, organizzarono molti interventi per migliorare la navigabilità e per far sì che il fiume diventasse la principale via di comunicazione, sia per le persone che per le merci.
Tempo fa nella zona di Empoli alcuni archeologi fecero un'importante scoperta. In un momento in cui il fiume era in secca ritrovarono un'antica nave lunga 13 metri. La nave era carica di asce, pece e brocche, ed era, probabilmente, affondata durante la disastrosa alluvione del 1333.
Alcuni imbarcazioni erano caratteristiche per forma e usi. Ad esempio, i renaioli, che cavavano la rena dall'Arno, in piedi al bordo del proprio barcone di legno dal timone bianco e rosso.
Anche il mestiere di “Navicellaio”, cioè guidatore di barche, era l’occupazione di tanta gente nelle città lungo il fiume. usavano delle imbarcazioni chiamate navicelli. Erano barche a fondo piatto lunghe quattordici metri e larghe quattro, con prua e poppa leggermente rialzate. Venivano usate anche per il trasporto delle merci, e per far attraversare il fiume a persone e animali. Le imbarcazioni erano manovrate con una lunga pertica, utilizzata anche per controllare la profondità del fiume. Fino a sessant'anni fa si poteva vedere ancora qualcuna di queste barche sull'Arno a Firenze, oggi vengono usate restaurate per giri turistici sull'Arno nel tratto fiorentino.
A Firenze c'era anche una loro corporazione, come quella dei lanaioli o dei calzolai.
I navicellai spesso avevano dei giovani aiutanti, i “bardotti”, che erano molto utili per la navigazione controcorrente, o nei tratti di secca in cui la barca si arenava: è chiaro che era quella la direzione in cui si faceva più fatica… I bardotti trascinavano la barca, legata con una fune chiamata alzaia, camminando sulla riva del fiume.
Con lo stesso nome di “alzaia” si intendevano anche i viottoli sulla riva dell’Arno utilizzati per queste manovre. Questi sentieri dovevano rimanere percorribili tutto l’anno, ripuliti da ingombri e detriti, e soprattutto da ogni pianta che potesse far impigliare in qualche modo le funi utilizzate per il traino. Nel 1770 il Granduca emanò anche un editto (una legge di allora) che obbligava tutti i possessori di terreni vicino al fiume a tagliare le piante che potessero dar noia alle alzaie.
Tra la fine del settecento e la prima metà dell'ottocento il commercio fluviale raggiunse i massimi livelli. Il tragitto delle barche da Empoli a Pisa era percorso in 7-8 ore, mentre per il ritorno occorreva circa il doppio del tempo. L'Arno perse via via di importanza per il trasporto fluviale delle merci e della persone a partire dalla metà dell'800, dopo che fu costruita la ferrovia che collegava Firenze, Pisa e Livorno.
Un'altra attività fondamentale per la comunicazione tra le sponde del fiume, diffusa ancora fino alla metà del novecento, era invece quella delle “navi”, intese come barche che traghettavano, tirandosi lungo un cavo d'acciaio teso tra le due rive dell'Arno, persone, carretti, bestiame, ovviamente, pagando il biglietto: un po' come oggi sull'autobus… I luoghi dove era possibile imbarcarsi conservano ancora oggi questo nome: Nave di Rosano, Nave a Rovezzano, Nave Martelli. Ben poche di queste navi sono sopravvissute all'alluvone del 1966, soppiantate dai ponti via via costruiti.
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